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DIBATTITO

 

lotta di classerivista anarchica
comunismo libertarioanno 25 nr. 215
libertarifebbraio 1995

Libertari nella lotta di classe
di Carmine Valente

Sabato 10 e domenica 11 dicembre, nell'ambito del Convegno Nazionale promosso dalla rivista "Comunismo Libertario", si sono dati appuntamento a Livorno numerosi compagni rappresentativi di alcune delle più interessanti realtà organizzative nelle quali sono impegnati, sia sul terreno sindacale che su quello politico, i compagni anarchici e libertari. Oltre ai compagni della redazione di Comunismo Libertario era presente l'area dell'autorganizzazione e del sindacalismo di base con i compagni dell'USI Lazio, dell'UNICOBAS e della CUB - FLMU, FLSU e FLTU - e i compagni della Federazione Anarchica di Livorno, Torino e Bologna. Uno spaccato significativo del movimento libertario che intorno alle problematiche proposte al convegno, ha sviluppato un serrato dibattito che ha fatto registrare importanti convergenze sull'analisi del mercato della forza lavoro, sempre più caratterizzato da una precarizzazione dei rapporti contrattuali e da una disarticolazione.
"La reale situazione - si legge nella relazione di Cristiano Valente di Comunismo Libertario - che probabilmente ci troveremo davanti nella nostra militanza politico sindacale" è quella "di una ulteriore flessione della base occupazionale nei settori trainanti dell'economia e negli stessi servizi, interessati anch'essi ai processi di ristrutturazione e di inserimento delle nuove tecnologie informatiche; un aumento relativo dei lavori a basso contenuto tecnologico nei cosiddetti servizi alle persone; i famosi "Mojob", come vengono chiamati negli USA, cioè i servizi alla McDonald; una ulteriore precarizzazione delle condizioni lavorative con l'inserimento di rapporti di lavoro a tempo determinato e flessibile".
"Disoccupazione e precarizzazione - secondo Guido Barroero FLMU Genova - diventano strutturali ed irreversibili (almeno sul breve-medio termine) costituendo un serbatoio di forza lavoro a cui attingere, qualitativamente diverso e ben più stabile del ciclico espandersi e contrarsi del tradizionale esercito industriale di riserva.
...L'innovazione tecnologica applicata all'organizzazione produttiva genera diversi ordini di effetti sulla quantità e la qualità della forza lavoro impiegata in essa: una contrazione del numero degli addetti (disoccupazione crescente), una precarizzazione crescente del rapporto di lavoro e una tendenziale despecializzazione del lavoro umano impiegato".
La convinzione di trovarsi di fronte ad un radicale mutamento del mercato del lavoro, perlomeno nelle aree capitalisticamente sviluppate, è stato sottolineato in numerosi interventi con accentuazioni diverse soprattutto rispetto al carattere più o meno tendenziale e strutturale del processo di frantumazione del mercato del lavoro e in particolare in relazione al "da farsi" sul terreno politico e sindacale.
Nella relazione introduttiva, Cristiano Valente ha argomentato con forza sulla persistenza di un modello produttivo che pur attraversato da profonde innovazioni tecnologiche e di organizzazione del lavoro non ha superato i principi del taylorismo ma ha visto solo una loro trasformazione, così il mito odierno della produzione snella "rappresenta un superamento, ma non una negazione del taylorismo-fordismo, nel senso che lo emenda, lo integra e lo sviluppa". L'oggetto della critica è il post-industrialismo e più in generale la società post-industriale nella quale disegna - così continua Cristiano - "una ipotetica struttura produttiva dove l'accento è posto non tanto sulla riduzione quantitativa degli operai, reale nei paesi imperialisticamente sviluppati, quanto sulla tendenza ad una vera e propria scomparsa della classe e degli stessi luoghi fisici del lavoro". E dopo aver analizzato il modello produttivo giapponese e la nuova FIAT, evidenziando in particolare l'ancora maggioritaria presenza di figura operaie inquadrate ai livelli più bassi, afferma che "nessuna scomparsa quindi della figura operaia tradizionale (3° livello), nessuna scomparsa dei grandi apparati industriali, nessuno spazio di maggiore democrazia o autonomia, ma forte ripresa del comando capitalista su una forza lavoro ancora più allineata a causa proprio dell'introduzione della tecnologia e sfruttata maggiormente a causa della precarietà normativa e salariale". Da qui ne discende l'importanza di lotte sindacali con al centro la difesa e il recupero salariale, la riduzione d'orario a parità di paga e di ritmi, la difesa di un lavoro stabile, dove questo sia elemento accessorio alla vita e non questa supporto al lavoro. La dialettica che si è sviluppata nel convegno rispetto a questi argomenti, pur nella omogeneità di giudizio sull'accentuato dominio del capitale, è stata più vivace e oltre a far emergere differenti approcci strategici sull'azione politica dei libertari, ha consentito una migliore e più approfondita analisi della realtà e dei meccanismi di controllo del capitale. "La destrutturazione del mercato del lavoro - Guido Barroero - ha un impatto lacerante sulle condizioni oggettive della working class,...due le conseguenza tendenziali ma già tangibili: la perdita di centralità (fisica e politica) della classe operaia e la trasformazione "genetica" di vasti strati di lavoratori (da lavoratori "fissi" a lavoratori "itineranti")...Ma la segmentazione ed il frastagliamento sono momento di divisione e di contrapposizione solo in rapporto al posto di lavoro "stabile" rispetto al quale è aperta la competizione e la cui difesa ad oltranza rischia, al di là della contingenza delle situazioni, di ritorcersi come un boomerang, alimentando vecchie e nuove contrapposizioni". Così come non è proponibile una difesa acritica del Welfare, così non è più possibile una difesa statica dell'esistente anche sul terreno sindacale.
Inevitabilmente il Welfare, per la stretta interconnessione delle problematiche, ha fatto irruzione nel dibattito e i compagni si sono soffermati sui problemi delle garanzie sociali, della costruzione di spazi pubblici non statali, della possibilità di creare momenti di autogestione non limitati alla sola sfera della socializzazione politica e sindacale.
"Siamo l'ultima generazione ad avere un posto fisso - Stefano D'Errico dell'UNICOBAS -, la ristrutturazione nel senso della precarizzazione non è legata solo a fattori tecnico-produttivi, ma più in generale ad una ristrutturazione delle modalità del dominio, del controllo gerarchico;...lo Stato abbandona il controllo perché si rende conto di poter contare sull'autoriproduzione del dominio, garantita da fenomeni culturali di base;...che siano queste bande di malavitosi, bande giovanili o quello che sia, siamo certi che tutti questi fenomeni di emarginazione diffusa tutto sono tranne che antitetici al potere...La nostra battaglia rispetto al Welfare è cogliere la contraddizione tra il possibile e l'impossibile, andare oltre le compatibilità significa oltre il possibile imposto ma restare entro il possibile reale. E' qui che bisogna trovare le parole d'ordine per le lotte del presente e del futuro e nello stesso tempo cercare di costruire dei modelli culturali;...quindi per esempio quando si parla della scuola pubblica bisogna dare a questo contenuto una valenza antistatale e non solamente contro il privato".
"Il Welfarismo - secondo Cosimo Scarinzi - ha in qualche modo espropriato, pur essendo anche il prodotto dell'azione proletaria, i lavoratori della sfera dell'autonomia, di essere soggetto storico autonomo, in cui l'autonomia non va intesa come una sorta di categoria dello spirito, intellettuale, ma va intesa come fatto, propensione, capacità di costruire strutture di autogoverno, di autoregolazione, di mutuo soccorso di società, di associazioni".
In positivo da queste affermazioni se ne fa discendere che accanto ad una intransigente lotta sindacale per la riduzione dell'orario di lavoro, per l'affermazione di pari condizioni fra tutti i lavoratori, per la solidarietà internazionalista, sperimentare, anche, organizzazioni dei precari e dei disoccupati sul territorio - Camere del Lavoro Territoriali - e, per sfuggire al maglio che tenta di costringerci tra Stato e mercato "sperimentare - Roberto Martelli USI Lazio - forme di autogestione specialmente nell'ambito dei lavori socialmente utili!".
E in maniera ancora più esplicita - Maria Matteo Federazione Anarchica Torinese - partendo dalla constatazione che "la crescita della disoccupazione e l'impossibilità di attivare strumenti di ammortizzazione sociale sul lungo periodo rendono credibile la stabilizzazione di ampie fasce di marginalità come elemento strutturale" propone, quindi, di "lavorare per costruire qui ed ora prospettive di lavoro fuori dalla logica del profitto".
Una impostazione questa che pur esercitando un innegabile fascino continua ad avere - Carmine di Comunismo Libertario - elementi di "pericolosità", soprattutto quando si assegna a queste forme di autogestione un vero e proprio valore economico, al di là dell'indubbio valore simbolico e politico che possono avere. Ciò perché si sposta l'attenzione del movimento dalla critica dei meccanismi con cui si esercita e si afferma il dominio dello Stato e del capitale, deviando le energie dei compagni in iniziative interessanti, ma che corrono il rischio di avvitarsi su se stesse e di far perdere di vista l'obiettivo della rivoluzione come unico sbocco possibile e praticabile contro chi detiene il potere economico e militare".
Abbiamo avuto in sostanza la possibilità di affrontare nel convegno gran parte delle tematiche che appassionano e dividono il movimento anarchico, ma ha prevalso la volontà di avviare un percorso comune, assumendo le diversità come valori e non come limiti, all'interno della feconda acquisizione della libera sperimentazione e ponendo, a partire dalla dichiarazione di intenti e dalle prossime scadenze già fissate, un tassello per una presenza più incisiva dell'anarchismo nella realtà della lotta di classe italiana.


DICHIARAZIONE DI INTENTI

Le lavoratrici ed i lavoratori riuniti a Livorno il 10-11 dicembre in occasione del Convegno Nazionale su "Precarizzazione e mercato del lavoro" valutano che il confronto sullo sviluppo della lotta di classe, fra tutti i compagni impegnati sul terreno sociale, vada sviluppato ed organizzato meglio che in passato.
Ritengono che le diverse esperienze e sensibilità che si caratterizzano vadano assunte come una ricchezza ed un carattere costitutivo fondante dell'intero Movimento Libertario.
Si propongono di formare un percorso di confronto serrato e sereno che permetta una migliore comprensione dei diversi punti di vista e l'individuazione di pratiche ed iniziative comuni.
Invitano tutti i compagni ad organizzare incontri, seminari, convegni sui temi di azione e riflessione oggi centrali e la stampa di movimento a favorire queste iniziative nei modi opportuni.
Si decide di organizzare come prime iniziative:
a) un Convegno sulle tematiche legate al "Welfare" (ripristino delle garanzie sociali, tutela delle aree non mercificate dei servizi, destatalizzazione). Iniziativa da tenersi a Torino il 18-19 marzo 1995.
b) un Convegno sulle tematiche legate alla rappresentanza sindacale, sociale e politica da tenersi a Roma nei giorni 17-18 giugno 1995.
c) un Manifesto Nazionale politico sindacale di tutti i compagni anarchici e libertari impegnati nelle diverse realtà sindacali in cui, oltre a dare visibilità al movimento, si sviluppi la critica al sindacalismo di Stato e si sostenga l'azione per il coordinamento del sindacalismo di classe, di base ed autorganizzato. Tale iniziativa è prevista entro il mese di gennaio 1995.
Ritengono che l'intervento delle lavoratrici e dei lavoratori libertari, occupati, precari e disoccupati in primo luogo sulle lotte sociali e, di conseguenza, sul terreno sindacale, associativo, culturale, vada sviluppato, arricchito, coordinato.
In particolare:
- individuano nell'autorganizzazione sociale, nelle sue diverse espressioni, un terreno privilegiato di sperimentazione e verifica delle proposte libertarie;
- ritengono che l'attuale crisi produttiva e sociale, la sempre più evidente integrazione del movimento operaio istituzionale nello Stato, il taglio delle garanzie sociali e la destrutturazione del mercato del lavoro che caratterizza il capitalismo internazionale, offrono l'occasione di un più forte, esplicito, incisivo intervento dell'assieme del Movimento Libertario;
- credono essenziale che, sulla base del metodo della libera sperimentazione, si sviluppi una comune iniziativa in difesa degli interessi di classe e del loro carattere autonomo ed unilaterale, per la destatalizzazione del movimento operaio, per lo sviluppo della sua autonomia politica, sindacale e culturale;
- sentono l'esigenza che il livello dell'elaborazione teorica e delle proposte politiche del Movimento Libertario sulla base delle esperienze già sviluppate sia adeguato alle responsabilità che la fase storica pone;
- ricordano la necessità di una fattiva solidarietà fra tutti i compagni sul terreno delle lotte concrete;
- rilevano l'importanza di legare l'iniziativa sul terreno della difesa degli interessi immediati di classe alla critica del dominio, delle gerarchie sociali, del nazionalismo, del degrado ambientale, del razzismo e del sessismo.
SI IMPEGNANO:
- per lo sviluppo di lotte efficaci, autorganizzate e radicali e per il loro coordinamento;
- sulla critica delle posizioni autoritarie, partitistiche, avanguardiste presenti nel movimento di classe;
- per la migliore conoscenza del quadro economico e politico e dei caratteri delle lotte sociali.
INDIVIDUANO:
- nelle posizioni dei lavoratori di Termoli e di tutti coloro che si oppongono al taglio del salario e all'appesantimento dei ritmi e carichi di lavoro un importante punto di riferimento e manifestano la loro piena solidarietà a tutte le lotte di resistenza che si vanno sviluppando;
- nelle lotte sulla questione delle pensioni e dell'accordo del primo dicembre una riprova del ruolo istituzionale e subalterno della CGIL, CISL e UIL e della necessità di una proposta sindacale alternativa nel cui sviluppo si impegnano.

Livorno 10-11 dicembre 1994